Se fosse un piatto sarebbe una zuppa di fagioli e lenticchie con un pizzico di rosmarino e ginepro, calda e profumata, avvolgente, borbotta mentre cuoce e ti riempie di gioia e sapore. Ma attenzione che scotta! Un cibo semplice e generoso, come Claudia Fraschini, anima e corpo di Cookin’Factory : “Uno spazio creativo in cui arte e cucina si incontrano per nuove idee e progetti”
A chi entra per la prima volta in via Savonarola, l’openspace di 500 mq avvolto dalla luce che Claudia ha scelto come location del suo laboratorio, Cookin’Factory appare come una grande cucina ma anche come un set fotografico, come una casa, ma anche come una officina creativa in cui cucinare, scattare foto, sfilare, esporre quadri e dare vita a qualunque progetto. E Claudia è sempre lì, ad accoglierti, con un sorriso contagioso, un po’ di borbottio e un caffè accompagnato da un dolcetto o un bicchiere di vino con una fetta di salame. E se le chiedi di raccontarti di quello spazio, di quel luogo, le si illuminano gli occhi.
Claudia, tu sei questo luogo e questo luogo è te: la cucina, l’accoglienza, la professionalità e la cura dei prodotti, l’energia e il calore. Da dove proviene l’idea della Cookin’ Factory e l’amore per il cibo?
È vero: questo luogo, che è anche il mio lavoro, è la mia passione e la mia condanna. Non ho orari e tregua, ma qui mi sento a casa, sono riuscita a costruire e realizzare ciò che sognavo e desideravo. È il risultato di un cammino durato tantissimi anni. Un cammino fatto di studi, lavoro, scelte personali, incontri e scontri, amicizie e collaborazioni. Credo che nella vita nulla arrivi per caso e la Factory mi rappresenta così bene perché è la mia vita. L’amore per il cibo e la cucina viene da lontano, è radicato nella mia infanzia, nei piatti della mia bisnonna che con tantissimi nipoti stava ai fornelli ore e ore. Il suo era un amore straordinario, come solo l’amore di una nonna può essere, che tutto concede e tutto dà, generoso e genuino e passava attraverso il cibo che preparava per noi. A casa mia i pranzi e le cene erano più silenziosi, io dialogavo con una natura morta davanti a me.
Dunque la Factory, luogo di condivisione, in cui cucinare e mangiare tutti assieme
Sì, il mio sogno di bambina era la famiglia Bradford, una grandissima tavolata a cui sedersi tutti assieme per cenare e chiacchierare. Dico sempre alle mie clienti che vengono qui per i corsi che almeno una volta la settimana è d’obbligo fare la spesa, al mercato possibilmente, cucinare, apparecchiare bene, sedersi con la propria famiglia, cenare con calma, con del buon vino. Dopotutto questa è una delle grandi ricchezze che la cultura italiana ci ha dato, il tempo del cibo condiviso, il tempo della famiglia. Perché perdere questa grandissima ricchezza. Bisogna tramandarla ai figli. Il mio desiderio è proprio quello di riportare le persone a cucinare a casa. Fare la spesa, scegliere i prodotti migliori e cucinarli.
Da dove inizia il tuo percorso?
Da una laurea in Scienze internazionali, anche se il mio papà mi immaginava maestra d’asilo. Dopo la laurea sono andata a lavorare in un catering, sono stati anni impegnativi e importanti. Ho imparato a gestire grossi eventi, a organizzare, pianificare, dribblare gli imprevisti. Ho costruito un metodo di lavoro che poi mi è servito e continua a servirmi. Ho seguito il catering di 341 sposi. Questo significa che sono entrata in circa 600 famiglie. Ho insegnato dai Salesiani, ai ragazzi. Poi l’incontro con De Carlo e l’idea dei corsi di cucina, quasi per gioco, e anche lì poco per volta i corsi sono andati sold out. C’erano le liste d’attesa. Con quei corsi sono entrata nelle cucine di tante persone, ad esempio con il menù di Natale. Tutte esperienze che mi hanno fatto crescere e imparare: il fascino di questo lavoro è dato dal valore umano. Lavori con le persone e per le persone, devi imparare a conoscerle, a leggere le loro abitudini, i gusti, le passioni. Capire cosa proporre e a chi proporlo.
E dopo anni di lavoro per gli altri hai deciso di fare il grande salto
Sì, ho passato gran parte della mia vita a lavorare per gli altri. Tutti anni che non rinnego, mi hanno insegnato tantissimo e reso la persona che sono ora. Ma a un certo punto ho sentito che era venuto il momento di “metterci la faccia”, come si dice. Non per manie di protagonismo ma perché se vuoi realizzare qualcosa di veramente tuo, che ti rappresenti pienamente, devi spenderti e scommettere in prima persona. E così ho fatto. Ho trovato lo spazio e dopo una lunghissima ristrutturazione eccomi qua. Con Sabrina, il mio braccio destro e sinistro e Andrea, lo chef, il mio braccio sinistro e destro. Un pezzo della mia famiglia ormai, compagni di avventura, di cucina, di progetti. La Factory è una scuola di cucina non convenzionale: un po’ casa un po’ laboratorio creativo. Facciamo lezione, per chi è appassionato di cucina e per chi non sa tenere un coltello in mano; ospitiamo eventi per aziende e team building, cene di compleanno e colazioni di lavoro. E poi la fotografia, altra grandissima passione, qui trova il suo spazio. Questo luogo è set fotografico, un anno abbiamo anche partecipato a Paratissima con un divertente progetto su “i volti del gusto” . E poi siamo sempre a pensare studiare, inventare. Perché scuole di cucina ce ne sono tantissime, noi cerchiamo formule nuove, esperienze gastronomiche diverse. Pur partendo sempre dalla cura e ricerca della materia prima migliore, e da poche e semplici regole di base. Perché la cucina è arte, ma se la pratichi con gli strumenti sbagliati non realizzerai certo un’opera.
E per il futuro, cosa bolle in pentola?
Sono partita con calma, volevo costruire su basi solide. Non correre e mettere il carro avanti ai buoi. Ma adesso di idee ne abbiamo parecchie. Pillole video di brevi ricette, due minuti e mezzo, sulla cucina base. Io e Andrea, il mio chef, che in modo scanzonato e divertente spieghiamo come realizzare velocemente piccole preparazioni. Non il cenone di Capodanno ma magari la pastafrolla. O la crema pasticcera. O un sugo base per la pasta di tutti i giorni. Poi mi piacerebbe raccogliere le 1300 ricette in un libro. E poi, poi…. Ce ne inventeremo altre. Dopotutto questo luogo contiene una storia, quella della mia vita, e non si ferma certamente qui.