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Incontro Barbara in una bellissima giornata di inizio primavera.
Il nostro è un incontro di racconti. Lei ha una bellissimo progetto, Donne di Torino : raccontare Torino attraverso le foto delle sue donne. E anche raccontare le donne che vivono a Torino: professioniste, mamme, torinesi e non, viaggiatrici, sognatrici, imprenditrici, in un puzzel corale sulla femminilità composto con la fotografia.
Barbara, come è nato questo progetto?
È stata una mediazione fra la necessità di riappropriarmi della macchina fotografica e quella di restituire. Un giorno, preparando l’ennesimo preventivo per un lavoro mi sono accorta che mi mancava quel rapporto unico e bellissimo che ho con la macchina fotografica. E’ vero, sono una fotografa, ma dietro questo lavoro c’è molto molto altro: contabilità, marketing, pianificazione. E capita che la fotografia passi in secondo piano. Mi serviva quindi un progetto che mi ispirasse, che durasse un anno. Un progetto con la macchina foto in mano, fatto di ritratti, persone, storie, racconti. Su questo si è innescata l’appartenenza alla Rete femminile di Torino: libere professioniste, freelance, lavoratrici autonome che si confrontano e fanno rete su temi legati al lavoro, creare network, condividere esperienze. Con la Rete c’è la sorellanza, la condivisione di obiettivi comuni che si è poi trasformata, in alcuni casi, in amicizia. E così nato Donne di Torino.
Non mi sono inventata nulla di nuovo, semplicemente mi sono ispirata a Humans of New York : un lavoro fotografico sulle persone che ogni giorno calcano le strade di New York. Io in realtà rispetto al progetto newyorkese le storie non le ho prese per strada, ma sono andata a cercarle attraverso una call.
Un successo inaspettato.
Non avrei mai immaginato un successo come questo. Nelle prime 24 ore ho avuto oltre cento richieste, ora, dopo due settimane, ne ho quasi 200. Di età diverse, dalle ragazze giovani alle signore di oltre 60 anni. Il mio racconto fotografico non vuole avere valenza sociale o statistica: non è rappresentativo delle donne torinesi, non diventerà un documentario, anche se me l’hanno chiesto. Non ha valore scientifico. È puro racconto, spontaneo, sincero, diretto. Durante le interviste le donne che incontro, circa due al giorno, condividono qualche cosa di loro: dal lavoro alla famiglia, dai viaggi ai sogni. Non voglio che utilizzino questa possibilità per promuovere la propria attività ma semplicemente che lascino, attraverso le parole e poi attraverso lo scatto che faccio loro, un pezzetto di sé. Per questo lo scatto non è in posa, non è studiato, è immediato, spontaneo, per strada. Tutto qui.
Hai già incontrato parecchie donne, che idea ti sei fatta? Quali suggestioni e spunti ti hanno lasciato?
La cosa che più mi ha colpito è che poche delle donne che ho intervistato, sebbene madri, hanno raccontato dei figli. Mi hanno parlato di sport, d’amore, di progetti di vita, di paesi stranieri, del loro rapporto con la città, soprattutto quelle che venivano da fuori Torino, ma quasi mai dei figli. C’era una voglia, quasi un bisogno di affermare sé stesse al di là del proprio essere madri. E poi è molto bello che anche le persone che hanno condiviso con me le loro difficoltà, le sofferenze, abbiano saputo tirare fuori la positività, la voglia di andare avanti e di cogliere il bello che c’è sempre e comunque nella vita.
Cosa farai di tutte queste storie?
Per il momento le pubblico online, una al giorno, senza sovraccaricare la rete. Mi hanno chiesto di produrre un video con il materiale del backstage per un canale you tube. Ma in effetti non esiste bakstage, se così fosse tutto il lavoro perderebbe la sua spontaneità. Mi hanno proposto di farne un libro, un ebook. Ancora non so, so però che non è il guadagno che mi interessa ma solo il contatto umano, la foto. Magari nascerà una mostra, certo con la mole di richieste che ho probabilmente andrò avanti a scattare anche oltre la fine del 2017. Non faccio programmi per il futuro, mi godo questo momento, gli incontri, le storie, gli scatti.