Ho incontrato Ilary Bottini in una mattina di neve torinese, nel bar del caffè per eccellenza, Orso.
Ilary è una designer tessile, moderna Penelope, specializzata nella tessitura a mano di arazzi e opere di fiber art, che crea rinnovando con sguardo contemporaneo e grande eleganza l’antica arte della tessitura al telaio.
Nata sul lago Maggiore, a Pallanza, dopo aver studiato Lingue moderne arti e cultura a Urbino, in Inghilterra, Stati Uniti e Francia, ha iniziato a lavorare a Parigi, dove è arrivata per amore ed è rimasta perché adorava la città e aveva un ottimo lavoro in un’agenzia di comunicazione.
Come è nata la tua passione per la tessitura?
Mi sono avvicinata alla tessitura per caso, quasi per gioco.
Avevo un blog di interior design nel quale raccontavo progetti di decorazione per la casa, piccole idee per abbellire la propria abitazione, ridipingevo i mobili acquistati ai mercatini e insegnavo come decorare un angolo di casa. Una cosa che mi è sempre venuta facile, mio papà è restauratore e falegname e in casa ho respirato la bellezza della manualità.
Ho notato fin da subito grande interesse per questi argomenti. In quegli anni seguivo poi le nuove tendenze su Pinterest e ho visto che in Inghilterra e negli Stati Uniti stava iniziando a spopolare la tecnica del weaving e il macramé; c’erano artigiane che producevano cose bellissime.
Così, quando una designer tessile che seguivo da un po’ è venuta a Parigi per un workshop mi sono iscritta. E, come si dice… è stato amore a prima vista.
Pensavo di provare la tessitura per poi raccontare la nuova tendenza sul blog, ma, per una sorta di sliding doors, è stata una rivelazione, un’attrazione magnetica. Ho acquistato il piccolo kit dell’insegnante e tornata a casa ho iniziato a tessere, tessere, tessere… ininterrottamente.
Le pause dal lavoro, le sere e i weekend erano dedicati alla tessitura. Dopo qualche mese ho seguito un corso avanzato con la stessa insegnante.
Ho trasformato la stanza degli ospiti nel mio laboratorio e mentre tessevo raccontavo sul blog e su Instagram ciò che creavo e le persone hanno iniziato a commissionarmi tessiture.
Poi però Parigi non era più la tua città…
La mia vita personale è cambiata, ho cambiato fidanzato, un italiano ha preso il posto del parigino e poi, sebbene ami immensamente Parigi, mi sono chiesta se fosse la città in cui volevo passare il resto della vita. È una città carissima, si vive fuori e si lavora in centro; un weekend fuori porta non è certo agevole come in Italia, insomma, ho deciso che era il momento di rientrare.
Sono arrivata a Milano con un ruolo di grande responsabilità: responsabile comunicazione di una filiale internazionale di una multinazionale tech. Dopo due anni non mi sentivo nel mio elemento, il lavoro risucchiava tutte le mie energie. La creatività era prosciugata e così ho deciso di buttarmi e provare a fare ciò che sentivo fortemente mio.
Mi sono chiesta: “Quanto ti pagano all’ora per rinunciare ai tuoi sogni?”. “Mai abbastanza” è stata la risposta.
Ci sono persone che stanno bene in azienda, io sentivo che non era più la mia strada.
Ho creato i primi kit con artigiani del lago Maggiore, ho organizzato diversi workshop a Milano, c’era grande interesse, hanno iniziato a commissionarmi i primi lavori.
Poi è arrivata la pandemia, le persone chiuse in casa hanno iniziato a tessere con i miei kit, a prestare più attenzione alla casa, al valore del tempo, al proprio benessere.
È nata così la mia nuova vita e attività. Avevo un laboratorio all’interno del mio appartamento, a Nolo. Anche Milano non era più la città per me, difficilissima per artigiani e makers, è una città vivace ma troppo cara. Perfetta per chi ha un business consolidato, inadatta a chi vuole iniziare.
Da Milano a Torino …
Così con il mio compagno ci siamo trasferiti a Torino qualche mese fa, era una città che ci è sempre piaciuta, non è lontana dal lago e dalle nostre famiglie.
E Torino è stata una rivelazione, ho incontrato tante persone interessate in modo genuino a quello che faccio e sto cercando uno studio – atelier dove lavorare e accogliere i miei clienti e corsisti, le caselline si stanno incastrando tutte. Sono felice.
Con il lab mi piacerebbe ampliare la mia produzione, ora lavoro su piccoli design ready made che vendo sul mio shop online, oppure su commissioni per architetti, interior designer e clienti privati che mi contattano per progetti di interni. Con uno spazio più ampio potrò organizzare workshop più strutturati e di più giorni. Le persone potranno creare il proprio tappeto, dopo averlo disegnato, usando telai più grandi, ad alto liccio. Vorrei anche lanciare corsi di tufting gun, la pistola elettrica che spara il filo nella tela e crea tappeti.
Ed infine vorrei invitare altri creativi e designer per collaborazioni e workshop, con Lamantera e le sue lane autoctone abruzzesi stiamo pensando di produrre una capsule collection di arazzi.
Ora lavoro prevalentemente con clienti italiani ma ho iniziato a inviare il mio portfolio in nord Europa e ho riscontrato molto interesse, spero arriveranno le prime commissioni. In Italia sono più gettonati i miei design incorniciati, mentre all’estero vengono apprezzati molto i classici arazzi con le frange.
Raccontaci delle tue opere…
Mi chiedo spesso se dovrei cambiare nome, perché arazzo è un nome antiquato e polveroso, forse dovrei chiamarlo “decorazione murale tessile”, chissà.
Fino al Rinascimento l’arazzo era l’opera d’arte più preziosa che ci potesse essere in una casa. Arazzi tessuti con centinaia di colori diversi e fili d’oro.
Poi quest’arte è andata persa, anche per la lentezza del processo, è diventato un prodotto anacronistico.
Le mie creazioni sono moderne, alcune anche pop, un vero decoro, dalle foto è difficile comprendere la tridimensionalità dell’arazzo: nessun quadro può darti quel calore e quella texture.
Nell’ultimo anno ho realizzato composizioni geometriche in cui lavoro sul monocromo, un cerchio mezzo annodato e mezzo tessuto che crea due livelli sulla composizione, oppure paesaggi scomposti.
Il lavoro per la realizzazione di un arazzo è tanto: prima c’è il disegno e la selezione dei materiali, poi la lavorazione e la rifinitura. Per un arazzo grande 80cm x 50cm impego anche 50 ore.
Una volta terminata la tessitura bisogna annodare l’ordito, rifinire i capi sciolti, tagliare le frange a misura, montarlo sull’asta.
Seleziono i colori, i materiali e se lavoro per un cliente mi rifaccio ai tessili e ai colori dell’appartamento. Spesso le persone vedono le mie produzioni e mi chiedono di riprodurle per loro, personalizzate nei colori e nelle dimensioni.

Oppure ci sono clienti che mi chiedono di riprodurre paesaggi cari o la vista dalla loro finestra, per una casa sul lago Maggiore ad esempio ho creato un arazzo che ricordava il lago, ma con un mood minimal.
Uso lane a fibra lunga Neo Zelandesi o lane sarde, molto ruvide che sopportano bene la pressione e la battitura del pettine. Prendo grosse matasse da una filanda sarda.
Insomma, ho tanti progetti per il 2023, idee di corsi, workshop, residenze creative e lavori con architetti e interior designer.
Per ora mi godo Torino, continuo la ricerca del laboratorio e penso ai nuovi progetti!
Il sito di Ilary: https://www.ilarybottini.com/
Instagram: @ilarybottini
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