La newsletter di Luca Vanz arriva ogni domenica, ad accompagnare i suoi contenuti che raccontano di Asia, crisi climatica, nuove tecnologie, le ricette di polpette provenienti da ogni parte del mondo.
Sotto ci spiega perchè.
Divertente, utile e gustosa la tua vanzletter Polpette, da dove arriva l’idea?
Le Polpette probabilmente sono il risultato dell’incrocio di tre fattori: vent’anni buttati a dibattere sull’Internet comunitaria, una vocazione alla formazione (faccio il docente di Internet per uso professionale), e la presa di coscienza che la mia vita online è molto più sostenibile e gratificante se la passo a contribuire contenuti e strumenti utili, invece che a litigare sulla ricetta della carbonara.
A quel punto mi serviva solo uno strumento di comunicazione diretto e non conflittuale, un piano editoriale basato sui temi che mi interessano (il collasso dell’ambiente, la tecnologia costruttrice e distruttrice, il prepotente avvento dell’Asia, temi sociali finalmente rivoluzionari come BLM e Me Too), e un’immagine simbolica globalmente comprensibile che rappresentasse l’idea di servire una serie di contenuti senza soluzione di continuità, in ottica internazionalista (le polpette sono una delle rare forme di cibo presente in ogni angolo del mondo).
Raccontaci qualche cosa di più su di te. In stile Vanz.
Ah, la condanna all’auto-definizione. 25 anni passati a scartabellare ogni angolo di Internet a cui riuscivo ad arrivare. Un percorso iniziato nel social-utopismo e giunto a una necessaria tecno-prudenza. la convinzione che il facile cinismo e il contrarianesimo forzato a cui ci diseduchiamo a vicenda sui social sia una prigione rivestita da libertà di pensiero.
Passione, da sempre, per la produzione sociale e culturale degli USA, ma fortissima curiosità per le espressioni artistiche provenienti dall’Asia, soprattutto il cinema e letteratura. autori preferiti del momento: Jia Zhangke e Mo Yan. Due consigli: I figli del fiume giallo e il Paese dell’Alcol.
In questo quarto di secolo devo anche avere lavorato, ma non mi ricordo mica bene, oppure il confine è sfumato.
La Vanzletter è la tua sola forma di comunicazione con chi ti segue? (Lo dico perché per scovare il tuo sito ci vuole il lanternino)
Beh anche i social: Facebook per tutto ciò che non trova posto nelle newsletter, e Instagram per la mia forma di espressione preferita, quella che non richiede di spiegare cose o prendere posizioni. Uso poco Twitter, sia per quella forzata costrizione in poco spazio che tant3 trovano virtuosa, che per la difficoltà a tenere una conversazione. Ne comprendo il fascino e la grande utilità da lettore, ma per scrivere mi sembra una bici con le ruote sgonfie. Odio le ruote sgonfie: fai solo più fatica.
Alcune prove di podcast: divertente, ma alla fine sospetto che lo ascolterebbe solo la fidanza.
Ci sarebbe anche vanz.it ma non ci scrivo perché chi ci scrive più, sui blog?
(sono scettico sul SEO, ma la verità è che il sito non lo trovi soltanto se mi cerchi col nome completo, e quello è by design, in un fatuo tentativo di separare fisico e digitale).
Un consiglio, o anche due o tre, ai ragazzi che vogliono intraprendere la tua professione.
Il fatto che non sia del tutto sicuro di averla, una professione, potrebbe non rendermi la persona più adatta a dare consigli. Quello che dico ai corsi è che nel cosiddetto “digitale” (cioè ormai quasi qualunque mestiere), per poter lavorare bene sono necessarie tre cose: una sincera curiosità per l’ambiente e gli strumenti dell’Interwebs, una buona conoscenza dell’inglese (essere nati in un’enclave linguistica è un handicap enorme) e la disposizione a non interrompere mai un percorso di autoformazione, che fortunatamente è facile e gratuita (in inglese).
Credo che il peggiore ostacolo alla crescita culturale e digitale italiana sia che nessuno ti insegna, a scuola e nel lavoro, a usare le risorse disponibili per trovare il know-how e imparare a usare gli strumenti che ti servono.
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