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Raffaella Ronchetta

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Quattro domande a Valerio Bassan

29 Aprile 2021  –  Raffaella  –  Categoria:  Digital PR e comunicazione  –  Tag:  intervista

La newsletter di Valerio Bassan Ellissi è una fucina di informazioni, ogni settimana. Parla di “quello che succede all’intersezione tra media, business, tecnologia e strategia digitale” e io l’ho scoperto proprio grazie ad Ellissi. Lavora come digital strategist  nel mondo del giornalismo.

Ecco le quattro domande a cui ha gentilmente risposto.

Cosa trovi nell'articolo

  • Cosa fa una persona che si occupa di strategia digitale?
  • Il giornalismo tradizionale è ormai morto?
  • Le relazioni valgono più dei contenuti?
  • Un consiglio per i ragazzi e le ragazze che si affacciano alla professione di giornalista, digital strategist, content creator.

Cosa fa una persona che si occupa di strategia digitale?

Il significato di ‘strategia digitale’ può avere diverse declinazioni,  a seconda del settore in cui si opera. Nel mio caso, significa aiutare le aziende a individuare un modello di business solido, per sostenere la propria attività, costruendo un percorso virtuoso che poggia su prodotti e canali digitali efficaci e innovativi.

Con i miei clienti in ambito news & media, ad esempio, lavoro per ottimizzare le strategie di relazione con il pubblico e di produzione del contenuto, in funzione degli obiettivi economici dell’azienda. Per esempio, quando una testata tradizionale vuole intraprendere la strada del paywall o creare una membership per i suoi lettori più affezionati, e ha bisogno di capire come muoversi a livello di contenuti, tecnologia e posizionamento.

Il giornalismo tradizionale è ormai morto?

Se parliamo di contenuti o di processi, direi proprio di no — nel senso che, per quanto mi riguarda, non vedo una distinzione tra giornalismo tradizionale e giornalismo ‘innovativo’: l’etica e la professionalità del racconto dell’attualità non è cambiata.

Se parliamo di modelli di business, qui la trasformazione è più evidente. La pubblicità online non è mai stata particolarmente efficace nel garantire la sopravvivenza delle testate. Per questo il cosiddetto ‘pivot to readers’ – ovvero, il ritorno prepotente alla ricerca del sostegno diretto di lettrici e lettori cui abbiamo assistito nell’ultimo decennio – ha aperto nuove frontiere, offrendo una luce in fondo a un tunnel che stava diventando davvero buio. Non è un modello che può funzionare per tutti, così come non dobbiamo dimenticarci che la pubblicità porta ancora la maggior parte degli introiti per le testate. Ma è un cambiamento fondamentale, perché ‘costringe’ i giornali a rimettere in discussione la propria posizione top-down e a costruire relazioni di valore con il proprio pubblico. Il che farà benissimo al giornalismo.

 

Le relazioni valgono più dei contenuti?

Le relazioni, come macro-unità, valgono moltissimo. L’obiettivo di ogni giornale dovrebbe essere quello di cercare il ‘network effect’ – ovvero, acquisire più valore all’aumentare dei lettori. Il migliore giornalismo è quello che ha un impatto reale sulla vita delle persone, che riesce a incidere costruttivamente sul loro quotidiano; un’informazione che aiuta una community a organizzare meglio le informazioni di cui ha bisogno, per vivere e prosperare in una società democratica. Detto questo, il contenuto è fondamentale, è la vertebra su cui poggia tutto — ma non basta a se stesso e non può esistere in un ‘vuoto’: ha bisogno del collante della relazione per accrescere il suo significato e validare il suo ruolo.

Un consiglio per i ragazzi e le ragazze che si affacciano alla professione di giornalista, digital strategist, content creator.

La chiave è essere curiosi. In un mondo che si muove velocemente, è centrale restare un passo avanti su quello che succede: ci sono decine di ottime risorse gratuite su cui fare affidamento — podcast, siti, newsletter. Sperimentate, aprite un canale in cui parlare di quello che vi appassiona, senza timori. Altro consiglio: studiate economia. No, non dovete iscrivervi a una triennale, ma approfondire come funzionano i nuovi modelli economici del digitale (creator economy, subscription economy, membership economy e così via): sono fondamentali per capire come si stanno evolvendo il mondo dei media e quello della creazione di contenuti online.

 

 

 

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. ermanno dice

    29 Aprile 2021 alle 17:52

    Gent.mi,
    non so se ho vi inviato inavvertitamente un commento simile a questo….
    Desideravo sapere dalla dssa ronchetta e dal dr Bassan esperti di comunicazione di social, di contenuti e strategie , se non sia il caso , di creare un “ comunicazione strategica “ per far riiniziare i giovani a leggere un quotidiano ! L’internizzazione, la velocità dei messaggi, il coinvolgimento interattivo che offrono agli appassionati dei singoli temi , ( sport, moda, giochi, per indicare quelli “ sani” impediscono
    l’app ofondimento dei temi sociali, dei valori, degli accadimenti di quello che sta succedendo ….ecc !
    Credo che sia necessario portare avanti ambedue le metodiche di comunicazione !!!!
    Mi sono sentito di chiedervi il vs modo di vedere, dopo che 5 minuti fa, in un bar di genova , 5 universitari non sapevano del recovery found , che ieri ci sono state le sedute alla camera al senato e quali sono i temi salienti che il progetto si propone! per me è. pazzesco! grazie per un vs feedback,cordiali saluti ermanno montobbio

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Giornalista e consulente di comunicazione.

Aiuto le associazioni, le aziende, le persone a gestire la propria comunicazione e quella dei propri prodotti attraverso attività di ufficio stampa e digital pr, costruendo una strategia di comunicazione “su misura”.

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