“Quando ti leggo, mi sembra di sentire la tua voce che legge le tue parole”
Mi ha scritto un’amica cara qualche giorno fa, rispondendo alla mia newsletter.
Un commento che mi ha riempito di tenerezza e mi ha fatto capire quanto sia importante, quando si scrive, tirare fuori la voce, il tono, il linguaggio di chi si racconta.
Scrivere per gli altri, che siano aziende, attività commerciali, liberi professionisti è un viaggio che deve partire dalla curiosità. Di conoscere, capire e comprendere. Per poi trasmettere e traghettare. Valori, idee, pensieri, offerte, prodotti. Tutto ciò che va raccontato, spiegato, anche venduto. Sì, perché le parole giuste aiutano anche a vendere.
Tecnica e scrittura
Per scrivere per lavoro ci vuole tecnica, quella tecnica che si impara con gli anni, si allena sul campo, giorno dopo giorno, scrivendo per gli altri e per se’stessi. Scrivendo e cancellando. Scrivendo e correggendo. Scrivendo e limando.
Si impara sui libri, quelli che parlano di lingua italiana, di buona scrittura, di creatività, di copy, di web writing.
I miei libri della scrittura
La mia passione per la scrittura credo sia iniziata sfogliando i libri Richard Scarry, che ho amato follemente e che consumavo quando ero a letto malata (noi facevamo ancora la varicella, e il morbillo).
Da “Il libro delle parole” che così recitava
“Ogni paese trovi un’usanza: ci sono case a una stanza, ci sono quelle a tanti piani, e pur le tende dei sahariani. Ci sono case alte da terra, i cottage stanno in Inghilterra. Come è grazioso quello chalet! Vorrei averne uno per te”.
Quei libri avevano parole e immagini capaci di creare un universo in cui mi tuffavo, fra Zigo Zago, Giustino Aggiustatutto, Ciccio Pasticcio e il Sergente Catapulta. Libri che contenevano tutto ciò che adesso cerco di ricreare quando scrivo: colori e suoni, parole, e idee, profumi e immagini.
La scrittura professionale
E poi “Il manuale di retorica” di Bice Mortara Garavelli, ricchissimo di esempi e sempre suo “Il parlar figurato”, e “Silenzi d’Autore”. Le “Lezioni Americane” di Italo Calvino, e quel genio folle di Bruno Munari con “Da cosa nasce cosa” o “Design e comunicazione visiva”.
E ancora Carver “Il mestiere di scrivere” e poi tutta Luisa Carrada, Anna Maria Anelli che ora ha anche realizzato un bellissimo podcast su Storytel “Come raccontarsi. Le parole per farlo”, e Chiara Gandolfi con “Scrivi più bianco: trova il tuo stile comunica con parole brillanti” e Falentina Falcinelli “Testi che parlano, il tono di voce nei testi aziendali”.
Ce ne sarebbero tanti e tanti altri. Libri, saggi, romanzi, racconti.
Ma la tecnica non basta.
Per scrivere ci vuole occhio
Un occhio allenato, capace di guardare lontano, cogliere anche ciò che non emerge a una prima lettura. Capace di scavare fra le pieghe di un racconto, di una storia, di un testo. Trovare le parole giuste, quelle che catturano, che spiegano senza pesare, che illustrano senza annoiare, che illuminano senza abbagliare, che incuriosiscono e invogliano ad andare oltre, a leggere ancora un paragrafo, a scoprire cosa c’è dopo e dopo ancora. Perché, come scriveva Calvino in “Marcovaldo”: “Chi ha l’occhio, trova quel che cerca anche a occhi chiusi”.
Per scrivere ci vuole orecchio
Per saper ascoltare, anche il non detto. E nell’ascolto trovare il tono e il ritmo adatto a ogni testo. Perché anche i testi hanno un ritmo e un tono. Come scrivevo qualche tempo fa. Veloce o lento. Brioso o flemmatico, ironico o serio. Professionale o informale. A ogni prodotto il proprio ritmo. Nulla vieta a un’azienda di bulloni di avere un ritmo rock o a tatuatore di scegliere una comunicazione dolce e accogliente. Le parole possono essere spine aguzze o coperte di Linus, sta a noi scegliere quelle giuste.
Per scrivere ci vuole naso
Perché dal testo possono emergere profumi e sapori, di luoghi, negozi, prodotti. Colori di città, strade e sentieri. Sapori di piatti e prodotti alimentari, profumi di vini ma anche di luoghi. Ricordo ancora l’odore di metallo e grasso che ho avvertito forte la prima volta che sono entrata in una fabbrica di cuscinetti a sfera. Ci sono odori che si possono descrivere a parole, pensiamo a quello dell’erba appena tagliata, aspro e dolce assieme, quello della terra, pieno e carnoso, avvolgente. Quello della torta di mele, odore di casa, magari di una nonna. Ci sono odori che si portano solo nella mente e nel cuore. Come quelli delle case d’infanzia, dei luoghi frequentati da bambini.
Quando con le parole si riescono a far emergere profumi e sapori, storie e progetti, valori e prodotti, allora si è centrato l’obiettivo.
La scrittura di un progetto
Chi pensa che la scrittura di un progetto sia una cosa barbosa è fuori strada: è dalla forza delle parole scelte per raccontarlo che emerge la potenza dell’idea di fondo.
I progetti non sono solo numeri, sono prima di tutto racconto di un’opportunità, di una squadra di lavoro che la svilupperà, di partner che la sosterranno.
Un progetto si costruisce, mattone dopo mattone. Bisogna raccogliere dati, analizzarli e poi descriverli con parole chiare e appassionate, per dimostrare che l’idea imprenditoriale che abbiamo è forte e ha gambe solide.
Come correre una maratona per arrivare a mèta
Quando si partecipa a una maratona si visualizza la mèta fin dal colpo che segnala il via, lunga o corta che sia, solo l’arrivo conta.
In un progetto è lo stesso: bisogna avere chiaro fin dall’inizio dove si vuole arrivare per poter correre veloci e con buona resistenza, fino alla fine.
Avere un obiettivo chiaro permette di impostare la strategia, trovare le risorse e tradurre in parole ed emozioni un’idea di business.
Vogliamo ristrutturare un’attività di famiglia? Lanciare una start-up innovativa? Ampliare la nostra attività? Raccontiamo come vogliamo farlo! Solo spiegando con parole ben calibrate e seguendo un percorso ragionato potremo convincere potenziali investitori, donatori di una campagna di Crowdfunding, istituzioni a seguirci nella nostra avventura.
Descriviamo con coraggio le nostre idee, saranno il nostro progetto di domani.
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